lunedì 6 settembre 2010

Aspettando la fine del mondo

Sono in tanti, troppi, ad occuparsi di predire o profetizzare l'evento che determinerà la fine del mondo; medium della ultima ora che parlano con lo spirito del mago Do' Nascimiento, canalizzatori dei personaggi di Star Trek, ricercatori che ritengono che l'indice di un testo sia il loro dito, trasmissioni televisive che tra poco sosteranno che anche Shrek è un alieno (in questo caso un "omone" verde) e gli asini parlano davvero (cosa attendibile, in quanto di fatto loro ne sono la prova vivente).
Nel frattempo a ben pochi interessa preoccuparsi di come passeremo i nostri ultimi giorni... Solo la Lega sembra molto preoccupata dalla teoria della inversione dei poli, in quanto potrebbe di colpo trovarsi radicata nel Sud.

Dovremo quindi aspettare la fine solo in un crescendo di terrore e sgomento? A quanto pare sì... niente ci è di conforto in questi "ultimi giorni" di quiete prima della tempesta, di anticamera dell'apocalisse, di purgatorio prima dell'inferno; sapendo di essere condannati, non troviamo la forza di reagire, di ribellarci, quindi accettiamo di assistere silenti a tutto quello che ci viene propinato...
Un vecchio detto, nella sua disarmante semplicità, recita: chi ha tempo, non aspetti tempo; ricalcando le orme del forse più celebre: cogli l'attimo; ma noi sembriamo orami cristallizzati in attesa di non si sa bene cosa.

Un giorno mi sono chiesto come mai guardare un paesaggio naturale fosse sempre una esperienza emozionante e mai riproducibile artificialmente, poi ho iniziato a notare che nulla è fermo: anche osservando un albero, inizieremo a notare che la luce cambia di continuo (rotazione della terra, nubi di passaggio, etc.), le sue foglie sono vive e si muovono, gli insetti che lo abitano, l'aria che a volte lo carezza, etc. non esiste un attimo identico al precedente, sempre che sia possibile individuare un solo "frame" di quello che in realtà è un flusso vitale senza soluzione di continuità; mi sono infine accorto che l'unica cosa ferma in quel contesto era la mia mente fissata a tentare di cogliere, analizzare, fotografare...digitalizzare.... io, infine, ero l'unica cosa morta in mezzo ad un mare di vita.

Moriremo? Certamente, è l'unica certezza che abbiamo sin dal primo momento della nostra vita; quando e come? Anche solo chiederselo, significa morire in quel momento, fermare e cristallizzare la nostra mente su un particolare, una immagine, come facevo io cercando di fotografare l'albero con gli occhi; si dice che fare una foto sia come "immortalare", beh, credo l'esatto contrario: fotografare con la nostra mente significa intrappolare nel nulla qualcosa di vivo e andarla a cercare e ricordare proprio nell'unico posto dove mai è stata e mai sarà; forse è anche per questo che tanti popoli non ancora infettati dalla moderna civiltà, odiano le nostre macchine fotografiche, sostengono infatti che una foto "rubi l'anima"....

Un abbraccio

3 commenti:

  1. il mondo e' pieno di perversi narcisisti e talvolta lo diventiamo anche noi; cadiamo nella trappola delle scuse facili per cercare di calmare le nostre ansie e colmare i nostri vuoti. c'e' chi insinua che la fine del "mondo" sia gia' qui e noi la stiamo vivendo e nutrendo. per di piu' oggi piove.

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  2. "fotografare con la nostra mente significa intrappolare nel nulla qualcosa di vivo e andarla a cercare e ricordare proprio nell'unico posto dove mai è stata e mai sarà;" Belle parole! credo che tu abbia centrato un punto cruciale che spesso sorvoliamo e cioè vivere nel presente, mentre tutto il resto non è. Quanto tempo della vita è sprecato a pensare alle cose passate o meglio ad illuderci di ricordare ciò che non è più, idealizzando un momento ormai passato? Il passato è stato! il futuro sarà! Di vivo abbiamo solo ciò che è qui ed ora. Peccato dimenticarlo così spesso!

    Viviane

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  3. Grazie Viviane per avere colto il "serio" in mezzo al "faceto"

    un abbraccio

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