venerdì 14 ottobre 2011

Too big to fail

Letteralmente significa "troppo grande per fallire" e sembra essere il tema dominante sul tavolo dell'alta finanza.
Parliamo del concetto cardine a cui si aggrappano tutte le eccelse menti che lavorano alacremente per la costruzione del bene del mondo; a riprova di questo stiamo assistendo a continui appelli e manovre da parte degli stati e delle banche (dalla BCE in giù) sostanzialmente orientate alla ricapitalizzazione (per diventare più grandi e forti), la creazione di immensi fondi monetari "salva stati", "salva imprese", etc. per combattere le speculazioni di borsa e stabilizzare l'economia facendola crescere (perché ancora una volta le grandi dimensioni sono garanzia di successo).

Non può essere un principio banale, alla portata della mente semplice di un essere qualsiasi, qui si parla di altissimissima finanza (eh, porca paletta), roba come minimo da ricercatori post super-master post master post dottorato post specializzazione post laurea post scuole superiori! Per questo mi sono impegnato per andare a fondo, per tentare di capire e poter spiegare la cosa, pur conscio dei miei limiti e della possibilità di riuscire solo sfiorare la irraggiungibile purezza della verità; qui di seguito le mie conclusioni.

Il mondo della finanza pensa che l'economia globale sia come un gioco, un gioco che funge da modello e detta regole e strategie per poter avere successo e giungere alla vittoria; occorre quindi tentare di immaginare di quale gioco si tratti per capire cosa sta accadendo, prendendo spunto dal nome stesso del gioco (Too big to fail) e dai comportamenti che stanno tenendo i giocatori:

-può essere un gioco dove ha un ruolo anche la furbizia? Pare di no, comunque è marginale
-dove serve intelligenza? Eh.. decisamente no
-dove l'intuito o la creatività possono fare la differenza? Nemmeno per sogno
-dove efficienza ed efficacia sono in grado di garantire la vittoria? Ma non scherziamo
-forse allora serve anche fortuna? Strano, ma nemmeno questo
-agilità, forza? Totalmente inutili
solo ed esclusivamente le dimensioni possono garantire la vittoria, né più né meno...

Diventa davvero difficile individuare il modello finanziario-economico-globale di riferimento, in fondo anche per giocare a "strega comanda color", oppure a briscola o nascondino, qualcuno degli ingredienti sopra citati può essere determinante; quindi quale è il santo graal della economia, quale il modello segreto, il "monopolone globale" che domina il tavolo?

E' evidente, può essere solamente uno: "diventa il Re di Tonga"

In questo gioco, nato nel regno più ad Est del pianeta, chi è più ciccione, più grande, ha diritto ad essere eletto regnante e... basta (pare infatti che uno degli ultimi re fosse alto circa 1,90 e pesante più di 200 chili). Poco si sa da dove sia nato questo gioco/tradizione ancestrale adottato dalla finanza globale; alcune tracce si ritrovano in Giappone dove i lottatori di Sumo, osannati alla stregua di eroi, devono quasi interamente il loro successo alla prorompente "fisicità", altri indizi possono essere ricercati nel modo in cui viene spesso rappresentato il Buddha, rimandando ancora una volta ad una diretta correlazione tra giunoniche dimensioni e superiorità ed, infine (a proposito di "Giunone"), anche nella mitologia e poi la tradizione europea vi è chiara traccia di un legame profondo tra abbondanza fisica e "status" tanto che ogni statua, dipinto o altra rappresentazione, più il rappresentato era potente, più questa è ... grande.

Ecco quindi forse svelato il mistero del cetriolo globale (e qui abbraccio il caro Corrado Guzzanti): stiamo giocando a "diventa il re di Tonga"; alla fine dei giochi vincerà il più grosso e finalmente potrà governare un regno con pochissimi abitanti rimasti, un albero di banane e  un paio di noci di cocco...

Eppure la tradizione ci ricorda che un topolino può far spostare un elefante, la cronaca narra che lo stesso ultimo re di Tonga prima di morire si era messo a dieta, la storia della evoluzione ci mostra che le creature giganti si sono estinte, che Davide è riuscito a sconfiggere Golìa (non che per battere una caramella ci voglia granché, ma è pur sempre una vittoria), la scienza dice che un microscopico virus può sterminare tutti gli esseri viventi del mondo, la fisica dopo avere iniziato ad occuparsi di neutrONI e bosONI ora ha capito che è meglio studiare i NEUTRini (che pare vadano più veloci della luce, anche se non mi spiego allora come hanno fatto ad "osservarli"...); niente amici miei, niente... allora lasciatemi solo concludere con questa riflessione:

credo che esista un Dio/Uno e che sia immenso, ma non è l' "immensità" a renderlo Dio, piuttosto questa è conseguenza della sua presenza in ogni singola ed infinitesimamente piccola cosa; altrimenti, anche lui prenderebbe il raffreddore...

Un abbraccio

giovedì 6 ottobre 2011

Anche le Favole finiscono

E' morto Steve Jobs e il mondo informatico mostra la sua faccia migliore inneggiando all'uomo creatore di sogni digitali, di grandi favole apparentemente infinite, di amori in codice binario.

Dell'uomo Steve Jobs rimarranno le sole cose che il mondo di oggi è in grado di vedere ed apprezzare: il merito di avere creato il colosso Apple, di averla portata ad essere una della aziende più capitalizzate al mondo, di avere infranto record di vendite, di avere inventato prodotti di successo.
Non credo si saprà mai che uomo sia stato, i suoi gusti, le sue inclinazioni, i suoi valori, perché a nessuno interessa questo, molto più facile valutare la nostra essenza con criteri "moderni": è stato bravissimo, mangiava poco, portava tanti bei risultati e non rompeva le scatole raccontando i suoi problemi, peccato sia morto giovane perché chissà quante altre cose avrebbe potuto fare per me, mi mancherà tanto il mio caro ....mulo.

Chiudo quindi questo breve comunicato con alcune considerazioni:
-è passato a miglior vita uno stacanovista, genialoide di successo? Sì
-ha fatto un sacco di soldi? Sì
-vale la pena vivere lavorando come muli, fare un sacco di soldi e morire a 56 anni poco dopo essersi dimessi dalla società in cui si lavorava? No

Questa non è e non deve essere vita e chi inneggia a lui come esempio di vita, rifletta bene prima di dire idiozie.. piuttosto prendiamo ad esempio questa esperienza per capire che forse è meglio morire mentre si fa passeggiata in un bel posto, magari con il nostro cane, magari stringendo per mano la nostra compagna (o compagno), invece che in una sala conferenze piena di sconosciuti brandendo un telefonino.

Un abbraccio